Un progetto espositivo e performativo in tre atti
Ristorante Il Cucco | 11 luglio – agosto 2025
A cura di 1m2

In occasione dei vent’anni del Ristorante Il Cucco, la tavola – da sempre spazio di incontro, parola e gesto – si trasforma in scena artistica. “L’arte di stare a tavola” è un progetto espositivo e performativo che rende omaggio al rito conviviale come forma culturale e come linguaggio espressivo, capace di generare comunità, memoria e bellezza.

Attraverso tre momenti distinti, ma strettamente intrecciati, l’intervento invita a vivere l’arte non come semplice osservazione, ma come esperienza condivisa, come atto partecipato che nasce – e si compie – nello spazio della relazione.

An exhibition and performance project in three acts
Ristorante Il Cucco | July 11 – August 2025
Curated by 1m2

To mark the twentieth anniversary of Ristorante Il Cucco, the table – long a space for gathering, words, and gestures – becomes an artistic stage. The Art of Dining is an exhibition and performance project that pays homage to the act of sharing a meal as a cultural ritual and expressive language, capable of generating community, memory, and beauty.

Through three distinct yet closely interwoven moments, the project invites us to experience art not as mere spectatorship but as a shared encounter – a participatory act born and fulfilled within the space of human connection.

Alessia Lastella – Intensivo

Site-specific installation

Con Intensivo, Alessia Lastella porta simbolicamente l’agricoltura sulla tavola, trasformando il pasto in un atto di riflessione e responsabilità. Una tavola imbandita non di cibo, ma di potenziale. Il titolo – “Intensivo” – richiama le pratiche agricole a cui dobbiamo la maggior parte del cibo che consumiamo ogni giorno: monocoltura, sfruttamento intensivo del suolo, dipendenza dall’intervento umano. Ma in questo caso, il seme non germoglia da solo. Ha bisogno della mano di chi osserva, partecipa, agisce. L’opera si fa così dispositivo attivo, una chiamata a prendere parte alla semina, a interrogare i meccanismi della produzione alimentare, a riscoprire il tempo e la cura che precedono ogni frutto. Una produzione “improduttiva”, lenta, fragile, ma consapevole. In un mondo che consuma, Intensivo ci chiede di fermarci. Di nutrire con consapevolezza. Di riconnetterci al gesto originario del coltivare come atto di responsabilità e relazione.

With Intensivo, Alessia Lastella symbolically brings agriculture to the table, transforming the meal into an act of reflection and responsibility. (The work consists of a clump of soil, plantable seeds, a glass of water, and tools reminiscent of farming implements – here reimagined as cutlery.) A table set not with food, but with potential. The title – Intensivo – refers to the industrial farming practices behind most of our daily food: monoculture, soil exploitation, human dependence. But in this case, the seed does not grow alone. It needs the hand of those who observe, participate, act. The work thus becomes an active device – a call to take part in the sowing, to question the mechanisms of food production, and to rediscover the time and care that precede every harvest. It is a form of “unproductive” production – slow, fragile, yet deeply intentional. In a world that consumes, Intensivo asks us to pause. To nourish with awareness. To reconnect with the original gesture of cultivating – as an act of responsibility and relation.

Giordano Santoro – Incoscienti violenze conviviali

Site-specific installation

Nella dimensione conviviale e serena, per questo insospettabile, della tavola, ogni commensale ripropone una gestualità antica, condivisa e accettata.  È una delicata, ma ferma azione di violenza nei confronti di ciò che è nel piatto.

Nessuno lo sospetterebbe, eppure è così. 

Forchetta e coltello diventano piccoli seppur apparentemente innocenti strumenti che tagliano, inforcano, strappano e attorcigliano. Ognuno nel proprio gesto cela un’intima dimensione di relazione con sé e con il mondo. Diversi gradi di violenza che esprimono il modo in cui ognuno singolarmente sceglie.

Within the convivial, serene, and thus unsuspecting setting of the table, each diner reenacts a gesture both ancient and widely accepted. It is a delicate yet determined act of violence toward what lies on the plate. No one suspects it – and yet, it is there.Fork and knife, seemingly innocent tools, cut, pierce, tear, and twirl. Each gesture contains an intimate reflection of one’s relationship with the world. Varying degrees of violence express the deeply personal way each of us chooses to interact.

Michele D’Amico – Zaira

Tempera su tela 40×30 cm

In Zaira, una bottiglia di vino si staglia al centro della composizione come unica presenza figurativa, immersa in un fondo scuro che ne esalta la forma con un’aura luminosa quasi sacrale. Non si tratta di una semplice natura morta: la bottiglia, qui, diventa emblema della cultura dell’incontro. È oggetto offerto, gesto rituale, traccia concreta di una consuetudine antica e gentile – quella di portare con sé una bottiglia quando si è ospiti, per ringraziare dell’accoglienza ricevuta. Attraverso un gesto pittorico asciutto e diretto, D’Amico ci invita a soffermarci sul valore di ciò che accade attorno a una tavola: il dono, la conversazione, la condivisione. La bottiglia non è più solo oggetto da consumare, ma presenza viva, custode di uno scambio, eco di un momento condiviso.

In Zaira, a wine bottle stands at the center of the composition, the only figurative presence, emerging from a dark background that enhances its form with an almost sacred glow. This is no ordinary still life: the bottle becomes a symbol of a culture rooted in hospitality. It is an offering, a ritual gesture, a tangible sign of a gentle tradition – bringing a bottle when visiting, to express gratitude for the welcome received. With a direct, pared-down painterly style, D’Amico invites us to linger on what happens around a table: the gift, the conversation, the act of sharing. The bottle is no longer just to be consumed, but a living presence, keeper of exchange and echo of a shared moment.

Alessio Bruno – POPFACE – Jessica Fletcher e la Zuppa di pesce ai barbiturici

(Who Threw the Barbitals in Mrs. Fletcher’s Chowder? – Murder, She Wrote)
Digital art 40×40 cm

Jessica Fletcher, la scrittrice-detective più celebre della TV, viene elevata da Alessio Bruno a icona pop ambigua e folgorante. Tra sacro e profano, l’opera ironizza sulla domesticità rassicurante di Cabot Cove, trasformandola in teatro del sospetto. Il titolo – tratto da un episodio della storica serie La signora in giallo – allude a una delle sue trame più surreali: una zuppa di pesce avvelenata. Ogni dettaglio diventa indizio, ogni tavola può nascondere un crimine, ogni pasto un movente.
L’opera unisce estetica pop-art, cultura televisiva anni ’80 e ironia noir, per servire allo spettatore un ritratto esagerato e brillante — da gustare con attenzione

Jessica Fletcher, TV’s most iconic writer-detective, is elevated by Alessio Bruno into a dazzling pop icon. Straddling the sacred and the profane, the work pokes fun at the reassuring domesticity of Cabot Cove, turning it into a theatre of suspicion. The title, taken from an episode of the legendary Murder, She Wrote series, alludes to one of its most surreal plots: a poisoned fish stew. Every detail becomes a clue, every table a potential crime scene, every meal a possible motive. Combining pop art aesthetics, 1980s television culture, and noir irony, the piece offers a brilliant and exaggerated portrait – to be savored with care.